Nazionale

Separazione delle carriere: la trappola del governo Meloni per la magistratura

2025-03-04

Autore: Alessandra

La premier Giorgia Meloni si prepara a vestire i panni del lupo cattivo, richiamando alla mente la fiaba di Cappuccetto Rosso di Charles Perrault. Come il lupo che si prepara a mangiare la bambina, Meloni sembra aver teso una trappola all'Associazione Nazionale Magistrati (Anm) e al nuovo presidente Cesare Parodi. Quest’ultimo, con la sua inesperienza e la presunta dipendenza dal potere della magistratura indipendente, ha chiesto un incontro a Palazzo Chigi, ignaro del pericolo che lo attende.

Il governo ha già in mente delle 'lenticchie', ovvero proposte come il sorteggio temperato per il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) e le quote rosa, che accompagnano l'ormai famigerato e contestato progetto di separazione delle carriere. Nasconde, dunque, un rospo ben più grande per Parodi e per l'intera magistratura. Se dovesse rifiutare, Meloni potrebbe facilmente dipingerlo come un rappresentante di una casta privilegiata che non desidera il cambiamento, e approfittarne per sostenere la narrativa che i giudici vogliono mantenere i loro vantaggi e fare politica.

Ma si può davvero raggiungere un compromesso su questo progetto di riforma della giustizia, così osteggiato fin dai tempi di Berlusconi? Effettivamente, un esame approfondito rivela che modifiche superficiali non cambieranno la sostanza della riforma. Già, il Guardasigilli Carlo Nordio ha introdotto soldi e test psico-attitudinali per chi aspira a diventare magistrato, un colpo netto contro i suoi ex colleghi che suscita preoccupazioni riguardo all'efficacia della magistratura.

L'inedita proposta di riforma potrebbe incontrare una forte opposizione da parte delle toghe, ma si preannuncia un confronto acceso. L’atteggiamento aggressivo della maggioranza potrebbe portare a insulti e attacchi personali ai giudici, come già dimostrato da esponenti di Forza Italia, rendendo il clima politico sempre più teso.

Gli effetti di queste riforme non riguardano solo i magistrati, ma l'intero sistema giudiziario italiano. Le cifre parlano chiaro: mancano all'appello 1.832 toghe, e mentre il governo vara leggi sempre più drastiche contro la magistratura, i veri problemi della giustizia rimangono irrisolti. La macchina legislativa continua a produrre norme che non fanno altro che ostacolare il lavoro dei giudici, come la proposta che limita a 45 giorni il tempo massimo per le intercettazioni, eccezion fatta per crimini gravi come mafia e terrorismo.

Queste misure, unite a un contesto politico sempre più conflittuale, pongono interrogativi cruciali sulla direzione futura della giustizia in Italia. Che cosa ne sarà della magistratura se la riforma dovesse essere approvata? E quale sarà il impatto sulle indagini in corso, sulle vittime di reati gravi, e sul sistema giuridico nel suo complesso? Le risposte potrebbero rivelarsi preoccupanti e trasformare il nostro sistema giuridico in un campo di battaglia, in cui il vero perdente potrebbe rivelarsi la società italiana tutta.