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«Mia figlia vittima di abusi per anni, anche da un parente del sindaco: sotto minaccia e isolamento»

2025-03-21

Autore: Maria

Un'intricata e angosciante vicenda ha colpito una comunità nel profondo della Piana di Gioia Tauro, dove un gruppo di adolescenti legati a clan locali è stato condannato a pene da 5 a 13 anni di carcere per gli abusi su una giovane ragazza che, a partire dai 14 anni, ha dovuto subire violenze indescrivibili. La madre della giovane, intervistata dal Corriere della Sera, ha raccontato la sua drammatica esperienza di paura e minacce.

Dopo la denuncia, la vita della famiglia è diventata un incubo. "Mia figlia è scappata, ha dovuto lasciare tutto e noi viviamo nella costante paura. Hanno tagliato le gomme della mia auto per ben cinque volte. Ci sentiamo sotto assedio e nessuno è disposto ad aiutarci", ha affermato la madre.

Nel colloquio, la madre ha spiegato che la sua famiglia vive a stretto contatto con i parenti dei condannati. "Ogni giorno è una lotta. Non possiamo nemmeno uscire senza essere insultati. Un mese fa un familiare degli aggressori ci ha perfino minacciati con un coltello. L’episodio più recente di intimidazione è avvenuto proprio il giorno della sentenza, quando una badante ha aggredito me con parole inaccettabili", ha raccontato.

Non solo la madre, ma anche il resto della famiglia sta affrontando un periodo difficile. La figlia ha deciso di abbandonare la Calabria e non vuole sentir parlare di restare. "Ogni giorno che passa è come se la mia vita si spegnesse un po' di più. Non riesco a prendere sonno, mi alzo nel cuore della notte per andare nella sua stanza, sfiorando il letto come se fosse ancora lì", ha dichiarato la madre con gli occhi lucidi.

La situazione è particolarmente complicata, considerando che il fratello del sindaco del paese è uno dei violentatori. È stato condannato a cinque anni di reclusione, ma la madre lamenta la mancanza di sostegno da parte delle istituzioni locali. "Quando l’ho contattato, mi ha risposto che non si occupa delle questioni che riguardano me o la sua famiglia, continuando a mantenere un atteggiamento omertoso come molti altri", ha affermato.

In più, il clero locale sembra essere assente: "La chiesa, un luogo che ci si aspetterebbe essere un rifugio, non ha mai mostrato solidarietà. Questo mi ha colpita profondamente e perciò ho smesso di entrarci. Ci sentiamo abbandonati da tutti", ha concluso la madre.

Questo caso ha messo in luce le profonde radici della cultura della paura e del silenzio in alcune aree d'Italia, dove le vittime di abusi devono fronteggiare non solo l’orrore delle violenze ma anche un sistema sociale che sembra lasciarle sole. La comunità è chiamata a riflettere e a reagire per garantire un futuro migliore e più sicuro per tutti.