Finanze

Rivoluzione del Tesoro nella gestione dei fondi pubblici

2025-03-21

Autore: Luca

Il Tesoro, sotto la guida del ministro Giancarlo Giorgetti, sta attuando una riforma significativa nella gestione dei fondi pubblici destinati a società, enti, organismi e fondazioni. Una bozza di dpcm, elaborata dai tecnici del ministero dell'Economia in conformità con le indicazioni della legge di Bilancio 2025, definisce criteri precisi per identificare i «contributi di entità significativa» e stabilisce obblighi di comunicazione e verifica per i destinatari.

Criteri di classificazione e obblighi di rendicontazione

I contributi che superano il milione di euro all'anno o che costituiscono almeno il 50% del totale delle entrate del beneficiario rientrano sotto la nuova classificazione. Tuttavia, i fondi con finalità generali, quelli di natura corrispettiva o retributiva e i crediti d'imposta sono esclusi da questa normativa.

Le nuove misure prevedono un monitoraggio rigoroso: gli enti erogatori dovranno fornire un elenco aggiornato delle realtà finanziate entro il 28 febbraio di ogni anno. Inoltre, i collegi sindacali e di revisione delle società beneficiarie saranno tenuti a inviare al Ministero dell'Economia una relazione dettagliata sull'uso dei fondi entro il 30 aprile dell'anno successivo.

Conseguenze per mancata rendicontazione

In caso di mancata rendicontazione o di uso improprio dei fondi, gli enti rischiano di essere esclusi da futuri contributi pubblici. Se non esistono già organi di controllo, i beneficiari saranno costretti a crearli per rispettare le nuove disposizioni.

Polemiche e reazioni alla riforma

Questa maggiore vigilanza sugli aiuti di Stato ha sollevato polemiche. La proposta originale della Legge di Bilancio 2025 includeva l'obbligo di inserire un revisore del Mef nei collegi sindacali delle aziende beneficiarie per un controllo diretto, ma questa misura ha suscitato forti critiche da parte di commercialisti e imprenditori, preoccupati per un'ingerenza eccessiva nelle libere pratiche imprenditoriali.

Il Consiglio nazionale dei commercialisti aveva messo in guardia sugli aspetti di legittimità costituzionale della norma e sulla compatibilità con le libertà fondamentali dell'Unione europea. Di fronte a queste contestazioni, il governo ha ceduto, eliminando l'obbligo del revisore del Mef e innalzando la soglia di identificazione dei contributi significativi a un milione di euro, rispetto ai precedenti 100mila euro.

Critiche politiche e suggerimenti alternative

Tra i critici dell'iniziale normativa si è fatta sentire Forza Italia, con il capogruppo Paolo Barelli che ha descritto la misura come «sovietica», chiedendo che il controllo sui contributi pubblici sia gestito da revisori interni registrati, per garantire una minor ingerenza statale nelle aziende private.

Nonostante le modifiche, il dpcm promuove un sistema di monitoraggio molto più severo rispetto al passato. Questo obbligo di fornire rendicontazioni dettagliate faciliterà l'implementazione delle politiche di spending review che il Tesoro intende avviare per garantire una gestione più efficiente delle risorse pubbliche.

Conclusione

La riforma rappresenta un passo fondamentale per la trasparenza e la responsabilità nella gestione dei fondi pubblici, ma necessiterà di un forte impegno da parte di tutti gli attori coinvolti per essere pienamente efficace.