Franca Ganassi: 19 anni dopo la sua brutalità, la verità emerge grazie a una sigaretta!
2024-11-13
Autore: Alessandra
Dopo quasi due decenni di oscurità, si chiude un capitolo tragico nella storia di Franca Ganassi, che a 60 anni fu brutalmente uccisa il 30 dicembre 2005 a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. La giustizia ha finalmente emesso il proprio verdetto: Moustapha Bouzendar, 48enne marocchino, è stato condannato a 25 anni di reclusione per omicidio volontario, violenza sessuale e rapina. Questa condanna è il risultato di un processo che si è svolto in Marocco, dove Bouzendar si trovava già in carcere. La sentenza, emessa il 23 settembre, è stata ufficialmente comunicata alla Procura di Reggio Emilia, che aveva sollecitato la rogatoria.
L’orrendo crimine avvenne in una notte in cui Franca stava tornando a casa da una gita. Scesa dal pullman, attraversò il parco della Resistenza, dove incontrò il suo aguzzino. In una violenza inimmaginabile, Bouzendar tentò di violentarla, le rubò la borsetta e la colpì alla testa ben undici volte con un oggetto contundente, lasciando Franca per morta e fuggendo. Purtroppo, il suo corpo fu scoperto solo il mattino seguente, il 31 dicembre, nel cortile di un'abitazione vicina.
L'elemento chiave per la cattura del colpevole fu una sigaretta. Nel 2020, dopo un lungo silenzio investigativo durato 15 anni, il DNA trovato sul luogo del delitto corrispondeva a quello di Bouzendar, rinvenuto su una tazza di caffè e una sigaretta mentre veniva interrogato dalle autorità nel suo paese d’origine. Questa prova schiacciante lo costrinse a confessare il crimine, svelando la verità dietro un caso che sembrava senza speranza.
La condanna di Bouzendar ci ricorda l'importanza della giustizia per le vittime e dei lunghi percorsi legali che possono portare alla verità. Ma la storia di Franca Ganassi va oltre il suo tragico destino: è anche un invito a riflettere sulle dimensioni della violenza di genere e sulla necessità di una società più sicura per tutte le donne. Le cicatrici lasciate da questo caso rimangano un monito sulla fragilità della vita e sull'urgenza di combattere contro la brutalità.