Scienza

Trivellazione da record: svelati i misteri del terremoto del 2011 in Giappone

2025-01-11

Autore: Maria

Un team di scienziati guidato dalla Cornell University ha completato una straordinaria missione di perforazione nei fondali dell'Oceano Pacifico, finalmente svelando i segreti nascosti dietro il devastante terremoto di Tohoku, che nel 2011 ha colpito il Giappone. Utilizzando la nave di perforazione giapponese Chikyu, il gruppo è riuscito a raggiungere la faglia responsabile del sisma, a circa un chilometro sotto il letto dell'oceano.

«Ci troviamo a 7 chilometri di profondità e abbiamo perforato ulteriormente un chilometro sottoterra. Non molte navi nel mondo possono affrontare queste condizioni» ha commentato Patrick Fulton, professore associato di scienze della terra e dell'atmosfera alla Cornell Engineering e co-direttore del progetto.

Questa nuova spedizione, conosciuta come JTRACK (Tracking Tsunamigenic Slip Across the Japan Trench) e parte dell'International Ocean Discovery Program (IODP), segue un'importante iniziativa del 2012, in cui lo stesso Fulton e il suo team si recarono nella fossa del Giappone per analizzare le dinamiche di un terremoto di magnitudo 9.1, uno dei più potenti mai registrati nella storia.

Nel 2011, la faglia si era spostata di ben 50-60 metri, dando origine a un mare in tempesta che ha generato uno tsunami devastante. Le ricerche dell’epoca si sono concentrate sulle cause di una rottura così violenta. Fulton ha evidenziato che «nel 2012, nessuno aveva mai provato a perforare un chilometro sotto il fondale in acque così profonde, né a costruire un osservatorio per monitorare quella zona». Le scoperte includevano anomalie termiche dovute all'attrito sulla faglia, dimostrando così la sua vulnerabilità.

Dopo dodici anni, la nuova missione ha monitorato l'evoluzione di questi fenomeni. «La placca che scende si muove ancora di circa 10 centimetri all'anno. Vogliamo scoprire se ci sono punti di stallo e se la faglia sta accumulando stress sufficiente per generare un altro grande terremoto» ha aggiunto Fulton. Le tecnologie avanzate utilizzate oggi consentono un'analisi molto più dettagliata delle faglie e delle fratture formatesi nel tempo.

A settembre, un team di circa 150 persone, inclusi scienziati, ingegneri e operai, è tornato nel sito della missione precedente a bordo della Chikyu. L'importante sfida tecnica è stata quella di rientrare nel foro di perforazione preesistente. «Non abbiamo un telecomando per guidare la punta del trapano» ha spiegato Fulton. «L'intero tubo d'acciaio si comporta come uno spaghetto sotto la nave». Attraverso un sistema di fibre ottiche con luci, sonar e telecamera subacquea, il team ha manovrato con precisione per centrare il punto giusto.

Una volta rientrati nel foro, gli scienziati hanno perforato per oltre 900 metri lungo la faglia, costruendo e installando un nuovo osservatorio dotato di sensori ultrasensibili per monitorare il flusso di fluidi e il calore da attrito. «Stiamo cercando di comprendere meglio l'idrologia della zona di faglia», ha affermato Fulton, sottolineando l'importanza della relazione tra idrologia e comportamento sismico.

Per installare e recuperare questi sensori, è stato utilizzato un innovativo sistema di "imbuto capovolto" collegato alla testa del pozzo, consentendo di introdurre i sensori a profondità superiori a determinati limiti. Inoltre, il team ha prelevato carote di roccia dalla zona di faglia e dalla placca pacifica, e si prevede che i dati raccolti genereranno scoperte fondamentali nel campo della sismologia. Questa missione rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei terremoti e nella previsione di eventuali futuri eventi catastrofici.