Tecnologia

Spotify sotto accusa: Playlist invase da musica generica prodotta con intelligenza artificiale

2024-12-22

Autore: Chiara

Recenti rivelazioni pubblicate su Harper's Magazine sollevano gravi preoccupazioni sul modo in cui Spotify gestisce le sue playlist. Secondo queste informazioni, la piattaforma musicale utilizza un programma denominato Perfect Fit Content (PFC) per riempire le sue liste con brani musicali generici, realizzati da studi di registrazione a basso costo. Se confermata, questa pratica darebbe un notevole vantaggio a musica prodotta a tariffa fissa rispetto a quella di artisti indipendenti, portando a un significativo abbattimento dei costi relativi alle royalties.

Il report evidenzia come Spotify stia puntando su brani che imitano generi molto popolari come lo-fi, musica ambientale e classica, garantendo loro visibilità nelle playlist principali. Sebbene questa strategia possa risultare vantaggiosa per i profitti aziendali, mette in serio pericolo il concetto di "meritocrazia dello streaming" che Spotify tenta di promuovere.

L'impatto sugli artisti indipendenti

La musica diffusa tramite il programma PFC rappresenta una seria minaccia soprattutto per gli artisti indipendenti, già penalizzati da royalties estremamente basse, che oscillano tra $0.003 e $0.005 per ogni streaming. Se Spotify continua a privilegiare contenuti generici acquistati in blocco, gli artisti emergenti rischiano di essere messi da parte, combattendo per guadagnarsi un posto sotto i riflettori.

Liz Pelly, giornalista di Harper's Magazine, pone l'accento su come questa pratica "riduca la musica a semplice sottofondo", trascurando la sua rilevanza culturale e le storie personali degli artisti. Un modello di business basato sull'idea che gli ascoltatori "distratti" non percepiscano la differenza tra musica generica e brani originali è quantomeno allarmante.

Le smentite di Spotify e i dubbi persistenti

Nonostante Spotify abbia negato con forza queste accuse, affermando che nessun curatore è incentivato a promuovere brani del programma PFC, ex dipendenti riferiscono che esiste un malcontento interno riguardo a queste pratiche. Le loro testimonianze suggeriscono che il programma sia, a dir poco, reale.

Inoltre, l'articolo esplora il potenziale impatto della musica generata da intelligenza artificiale sulle playlist di Spotify. Sotto la direzione del CEO Daniel Ek, la piattaforma ha mostrato un grande interesse per l'AI. Tuttavia, critici e ex curatori esprimono preoccupazioni riguardo al rischio di un catalogo musicale che si trasforma in una massa indistinta di "musica di sottofondo", priva di significato e valore artistico.

La questione dell'autenticità

Questa situazione solleva interrogativi cruciali sull'autenticità della musica e sul valore che attribuiamo alle opere artistiche. Gli ascoltatori stanno veramente valutando la qualità della musica che ascoltano, o sono semplicemente influenzati da ciò che è più facilmente accessibile? La risposta a questa domanda potrebbe definire il futuro della musica su piattaforme come Spotify. Non resta che attendere per vedere come si svilupperà questa vicenda e quali effetti avrà sul panorama musicale.