Salute

Rischio demenza, un semplice esame del sangue potrebbe salvarci anni di ansia: scopri lo studio rivoluzionario

2025-04-03

Autore: Luca

Un innovativo esame del sangue potrebbe rivoluzionare il modo in cui monitoriamo il rischio di sviluppare demenza, incluso il morbo di Alzheimer, fino a 10 anni prima della diagnosi. Questo quanto emerso da uno studio pubblicato su 'Nature Medicine' da un team di ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma, con una significativa partecipazione italiana: ben 7 dei 12 coautori sono ricercatori provenienti dal Belpaese.

La ricerca ha esaminato l'efficacia di specifici biomarcatori nel sangue, come tau217, neurofilamento leggero (Nfl) e proteina fibrillare acida della glia (Gfap). Questi marker hanno mostrato il potenziale per predire lo sviluppo di demenza in persone anziane cognitivamente sane che vivono in modo indipendente, intercettando la patologia ben 10 anni prima della diagnosi ufficiale.

Nello studio, sono stati analizzati i campioni di sangue di oltre 2.100 adulti di età pari o superiore a 60 anni, seguiti nel tempo per monitorare l'insorgenza della malattia. Dopo un follow-up di 10 anni, il 17% dei partecipanti ha sviluppato demenza, con un'accuratezza dei biomarcatori che ha raggiunto l'83%. Giulia Grande, assistente professore al Dipartimento di Neurobiologia e Scienze della Salute, ha commentato: "È un risultato molto incoraggiante, in quanto dimostra la possibilità di identificare in modo affidabile le persone a rischio".

Davide Vetrano, professore associato, ha aggiunto: "Se una persona presenta bassi livelli di questi biomarcatori, il suo rischio di sviluppare demenza è minimo, il che può dare tranquillità a chi è preoccupato per la propria salute cognitiva".

Tuttavia, i ricercatori sottolineano che i biomarcatori hanno mostrato bassi valori predittivi positivi, il che significa che alti livelli non possono da soli garantire la diagnosi di demenza nei successivi dieci anni. Pertanto, non si raccomanda l'uso diffuso di questi test nel monitoraggio del rischio demenza nella popolazione generale.

"Questi biomarcatori sono promettenti, ma non sono ancora contesti appropriati per lo screening delle malattie - afferma Vetrano - Tuttavia, combinando p-tau217 con Nfl o Gfap, potremmo migliorare l'accuratezza della predizione".

Sono necessarie ulteriori ricerche per capire come utilizzare efficacemente questi biomarcatori nella pratica clinica, in particolare tra gli anziani e nei servizi di assistenza sanitaria primaria. La speranza è che un giorno questi test possano diventare strumenti di screening affidabili, per identificare precocemente le persone a rischio di demenza.

Questo studio rappresenta un passo fondamentale nella lotta contro la demenza e potrebbe contribuire a sviluppare strategie preventive più efficaci. È cruciale continuare a investire nella ricerca e nella scienza per sconfiggere questa devastante malattia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo.