
Il manifesto europeista: Una visione contro la proprietà privata
2025-03-17
Autore: Maria
Immaginate un’Europa senza confini, avvolta dal mare, dove alcuni intellettuali, esiliati su un’isola, discutono animatamente di fascismo, rivoluzione e libertà. In questa colonia penale, tra il 1941 e il 1943, circa 800 pensatori, oltre cinquecento dei quali comunisti, si riuniscono per tracciare un futuro migliore. Tra di loro, troviamo Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, con un contributo significativo di Eugenio Colorni, creando un manifesto che rimarrà fondamentale per il federalismo europeo.
Questo documento, risalente a quel periodo drammatico, si nutre delle esperienze di vent'anni di dittatura e dei fallimenti del sistema democratico che aveva governato l'Italia. Lo slogan di Ventotene si erge come simbolo di speranza, un'utopia che deve essere ritrovata in un momento di crisi. Eppure, c’è un’ombra che incombe su questo sogno: che Europa è realmente quella immaginata a Ventotene? È una visione intrisa di socialismo, ma non un socialismo liberale. Piuttosto, è una forma di socialismo che mostra il rischio di cadere in ideologie oppresse dalla storia, simili a quelle di Mosca, sebbene si proponga di sfuggire a tali errori.
Esso propone di rivedere la proprietà privata, definendola un privilegio e non un diritto sacro. Durante quelle conversazioni visionarie, emerge la necessità di una vera rivoluzione per superare il fascismo e non semplicemente tornare alla democrazia. Non ci si può fidare, si dice, della classe operaia, poiché esiste il timore di passioni incontrollabili. La guida della rivoluzione, si sostiene, deve essere nelle mani di intellettuali e non di faide proletarie.
Le idee radicali di nationalizzazione delle industrie strategiche e di un reddito di cittadinanza per chi è disoccupato pongono un’altra interrogativo: l’economia sotto il controllo dello Stato porterà a una vera libertà o a una nuova forma di autoritarismo? Nonostante le intenzioni, c'è una contraddizione insita nell'affidare al governo il compito di regolare tutti gli aspetti economici della vita dei cittadini, trasformando lo Stato da servitore a padrone.
L’Europa immaginata nel 1941 da Spinelli e Rossi sembra, a tratti, distante dall’ideale liberal-democratico bosco in cui viviamo oggi. Spinelli, pur richiamando alla memoria la necessità di un'Europa unita e federale, si allontana da un radicalismo che ha preso piede nei decenni successivi, attirando le critiche persino da parte della sinistra.
Leggendo e reinterpretando il manifesto di Ventotene oggi, emerge quindi un interrogativo cruciale: il sogno di una federazione europea è stato orientato in modo tale da riflettere una visione ben più radicale rispetto alla realtà. Sarà il tempo a determinare se l’eco di Ventotene sarà nuovamente ascoltata, o se finirà per essere un sogno relegato nel cassetto della storia.