"Il Foglio si rammarica che io non sia morto": la reazione di Ranucci di Report agli attacchi giornalistici
2025-01-14
Autore: Luca
"Il Foglio" si dispiace che io sia vivo". Queste sono state le parole di Sigfrido Ranucci, noto giornalista di 'Report', in risposta a un editoriale di Andrea Marcenaro pubblicato nella sua rubrica 'Versione di Andrea'. Ranucci ha ricordato la sua esperienza nel 2005, quando fu inviato a Sumatra per coprire il devastante tsunami dell'Oceano Indiano, che causò oltre 250.000 morti. Marcenaro, nell'articolo, ha esemplificato l'evento tragico referendosi al fatto che, per Ranucci, "sembrava fatta" ma fortunatamente riuscì a tornare a casa.
Ranucci ha commentato su Facebook: "Tra gli attacchi che ho ricevuto dopo la mia recente puntata sulla Mafia e la crisi in Palestina, emerge questo attacco personale, che considero una perla di infamia". Ha inoltre sottolineato come il suo lavoro fosse stato precedentemente criticato in merito alla questione di #cecilisala e alla mancanza di azione del governo, conclamando il paradosso di un giornale che ora si dispiace per la sua vita.
Anche il Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti ha preso posizione sulla questione. In una nota, hanno definito il commento di Marcenaro "spregevole" affermando che augurare la morte di un collega è inaccettabile e un chiaro esempio di pessimo giornalismo.
Il figlio di Ranucci ha deciso di scendere in campo per difendere il padre. In un post su Facebook, Emanuele Ranucci ha condiviso la sua frustrazione nel sentire attacchi contro il lavoro del padre, descrivendo la vita sotto scorta e la costante paura di perdere un genitore. "Vivo con la preoccupazione che ogni saluto possa essere l'ultimo", ha scritto, richiamando l'attenzione sul rischio e il sacrificio associati al lavoro giornalistico del padre.
Emanuele ha ricordato il periodo dello tsunami e l'incredibile dedizione di Sigfrido nel raccontare una delle crisi umanitarie più gravi della storia, decidendo di operare nelle zone più colpite, nonostante la giusta preoccupazione del suo direttore. "A distanza di 20 anni, per fortuna per noi e per il paese, è ancora qui, a svolgere il suo lavoro, vivo e vegeto, anche se molti lo vorrebbero morto", ha concluso.
Questa vicenda solleva interrogativi sullo stato del giornalismo oggi in Italia, sottolineando la necessità di sostegno e protezione per coloro che, nonostante le avversità, continuano a fare informazione con coraggio. La dialettica tra libertà di stampa e rispetto tra colleghi è più attuale che mai, rimarcando quanto sia fondamentale il dibattito critico, ma rispettoso.