
I Pir europei: una buona idea, ma chiamamoli per ciò che sono: restrizioni ai movimenti dei capitali
2025-03-22
Autore: Maria
La Commissione europea sta cercando di mobilitare almeno una grande parte dei 10.000 miliardi di euro depositati sui conti correnti nell'Unione Europea, che rappresentano circa il 70% dei risparmi totali delle famiglie. Questo ammontare sembra insufficiente se paragonato agli investimenti effettuati negli Stati Uniti e rappresenta una delle cause della bassa crescita economica del nostro continente. In queste settimane, è stato proposto un nuovo strumento che potrebbe avere un grande impatto, in particolare per l'Italia: i Piani Individuali di Risparmio (Pir) europei.
Ma cosa sono esattamente i Pir europei? L'idea è stata promossa dal think tank italiano Arel Single Market Lab, in collaborazione con altre istituzioni europee, evidenziando che ogni anno circa 300 miliardi di euro defluiscono dall'Unione Europea verso gli Stati Uniti. Questi soldi vengono investiti in asset finanziari americani, invece che europei, rendendo i risparmiatori europei, paradossalmente, tra i principali sostenitori della crescita economica americana.
Secondo Mario Draghi, nel 2024, ben 500 miliardi di euro di risparmi europei si troveranno all'estero. I Pir europei mirano a incentivare fiscalmente gli investimenti in asset finanziari emessi nell’UE, a condizione che rimangano nel portafoglio per un periodo specifico. Questo approccio potrebbe dare alle aziende europee accesso a più risorse per finanziare i loro investimenti, facilitando l'accesso sia al capitale di rischio che al debito, con impatti positivi sui costi di rifinanziamento e sulle valutazioni di borsa.
Tuttavia, nonostante le similitudini con i Pir italiani ideati nel passato, i Pir europei potrebbero non essere sufficienti a risolvere i problemi di liquidità e attrattività per gli investitori in Europa. Le aziende quotate in Europa sono in genere più piccole rispetto a quelle americane, e questo potrebbe scoraggiare i potenziali investitori. Inoltre, si stima che chi investe a Wall Street lo faccia non solo per ragioni fiscali, ma per la percezione di un mercato più dinamico e in continua crescita.
Analizzando la questione, la proposta dei Pir europei emerge come un tentativo di trattenere maggiori risorse in Europa; tuttavia, il successo non è garantito. Infatti, sebbene ci sia una forte spinta per questa iniziativa, le sfide strutturali rimangono: il mercato europeo, certo, ha bisogno di diventare più unito e integrato.
Draghi ha giustamente sottolineato che non abbiamo ancora un vero e proprio mercato unico per beni, servizi, e capitali. Ci sono barriere normative e culturali che continuano a ostacolare un vero mercato comparabile a quello statunitense. Creare un meccanismo come i Pir europei senza affrontare questi problemi fondamentali potrebbe essere come cercare di costruire una casa partendo dal tetto.
Alla luce delle difficoltà recenti e delle tendenze di deglobalizzazione, i Pir europei potrebbero rappresentare l’inizio di un cambiamento significativo, ma è essenziale non perdere di vista l'importanza di un mercato unico e integrato. Se vogliamo attrarre capitali e investitori, dobbiamo costruire una base solida e portare avanti una visione coerente sulla cooperazione economica in Europa.