Gwen Stefani: «Quando la mia famiglia è andata in pezzi è stato catastrofico, in "Bouquet" c'è la mia rinascita»
2024-11-16
Autore: Chiara
Un disco pieno di simbolismo e bellezza, dal titolo evocativo «Bouquet», segna il ritorno sulla scena musicale di Gwen Stefani, la leggendaria popstar e storica frontwoman dei No Doubt. Sebbene il sound di quest'album si orienti verso il rock, i temi affrontati nei testi sono profondamente personali: raccontano il grande amore che vive con il marito Blake Shelton, il famoso cantante country che partecipa anche nel brano «Purple Irises», dopo anni di difficoltà che hanno seguito la fine del suo precedente matrimonio con Gavin Rossdale, noto frontman dei Bush e padre dei suoi tre figli.
Perché è passato così tanto tempo dall'ultimo album?
«Ho iniziato il disco precedente, “This is What the Truth Feels Like”, proprio nel momento in cui la mia famiglia stava andando in pezzi. È stato un periodo difficile, ho dovuto lavorare duramente per ricostruire la mia vita. Poi ci sono stati anche gli effetti della pandemia e il tempo è volato. Trovare l'amore vero, ovvero incontrare Blake, è stata una benedizione incredibile, quindi ho anche speso molto tempo a vivere e ad amare. Quando ho ripreso a scrivere, non volevo rifare la mia vecchia versione, volevo delle canzoni che riflettessero chi sono oggi e le esperienze che ho vissuto. Ora ci sono riuscita».
Il suono si distacca dalle influenze r'n'b e pop: quali riferimenti hai avuto?
«Sono tornata alle radici: praticamente si tratta di un disco registrato in presa diretta, realizzato in pochi giorni a Nashville. Volevo catturare le atmosfere soft-rock degli anni '70, generi che ho ascoltato tanto da giovane e che mi hanno ispirato».
Nei testi sembra rispecchiare la sua storia d'amore, è corretto?
«Sarebbe strano il contrario, visto che ho iniziato a scrivere questi brani quattro anni fa, proprio nel periodo del nostro fidanzamento, e ci siamo sposati tre anni fa. Quindi il contesto temporale è ovvio. L'album parla d'amore, ma affronta anche i semi d’amore che abbiamo nelle nostre vite: a volte non possiamo fare molto per farli fiorire».
Cosa intendi con questo?
«Penso a “Swallow My Tears”. L'ho scritta dopo aver passato del tempo da sola alle Hawaii per un concerto, proprio nel giorno del mio compleanno. Ho pensato che non mi importasse del compleanno, ma in volo mi sono persa in una tempesta di pensieri. Ogni tanto, il passato cerca di inseguirci, specialmente dopo traumi, anche se lottiamo per andare avanti. Ma dobbiamo capire quale sia il piano che Dio ha per noi».
La Fede ha un ruolo importante nella tua vita?
«Negli ultimi dieci anni ho compreso che desidero fare ciò che Dio ha in mente per me. Mi sento estremamente fortunata di poter fare musica, ma avverto la sensazione che le canzoni non siano state scritte solamente da me; è come se potessi trasmettere ciò che ho vissuto, situazioni che tutti attraversiamo. Tutti noi dobbiamo vivere la sofferenza, è inevitabile. Attraverso la musica, ho potuto condividere anche la mia».
È sempre stato così per te?
«Penso a “Don’t Speak” dei No Doubt: inizialmente nessuno la ascoltava, ma poi è diventata la forza motrice della mia carriera, quindi è difficile non riconoscere il miracolo».
Nel brano «Pretty», canti «non mi sono mai sentita bella finché non mi hai amato». Ma come può essere, se hai sempre avuto un aspetto straordinario?
«Quello che voglio dire è semplice, ma potente. Tutti desiderano tornare a sentirsi come a 20 o 30 anni; io, invece, mi sono sentita veramente bella solo quando mi sono innamorata di Blake. Non riesco a spiegarlo, forse è perché l'amore vero ti fa brillare. A 14 anni, mi ricordo di guardarmi allo specchio a scuola e di chiedermi se fossi bella. Non lo capivo: a quell'età ci si paragona agli altri, si cerca la propria identità. Ma poi ci rendiamo conto che troviamo la nostra bellezza attraverso l'amore che gli altri hanno per noi».
Ci saranno altri progetti con i No Doubt dopo la reunion al Coachella?
«Penso proprio di sì. Ciò che mi è successo dopo la fine del mio primo matrimonio è stato davvero catastrofico e ha avuto ripercussioni anche sulla band. Ognuno di noi aveva le sue responsabilità familiari, pertanto ci siamo presi una pausa senza nemmeno discuterne, perdendo anche il contatto come amici, ed è stato molto strano. Ma il pubblico continuava a chiedere di rimetterci insieme: provavamo, ma non riuscivamo a concretizzare. Con il Coachella, però, è andato tutto per il verso giusto».
Avete recuperato la vostra intesa?
«Quando sono entrata in sala prove, è stato come se il tempo non fosse passato. Ci siamo messi a suonare e è stato incredibile. Il Coachella è stato un’onda d’amore che ci ha travolti, l’alchimia tra noi è fantastica. Ma ora ci chiediamo: cosa può esserci dopo un evento così straordinario? Ci vuole qualcosa di altrettanto meraviglioso, e sono sicura che quando si presenta, tutti noi diremo “facciamolo”. Tuttavia, è difficile trovare il tempo e, onestamente, preferisco dedicarmi alla mia famiglia piuttosto che alla carriera. La priorità è quella».
Non farai un tour con il nuovo album?
«Se non avessi figli, probabilmente lo farei, perché amo esibirmi live. Ma ora che i miei bambini vanno a scuola, mi pare egoistico portarli via dalla loro vita per una cosa che ho già fatto parecchio in passato. È incredibile che la gente mi aspetti dopo tanti anni e mi piacerebbe anche suonare i nuovi brani, quindi mai dire mai».
Hai legami particolari con l’Italia?
«Lo scorso estate ho portato Blake in Italia per la prima volta: dato il mio legame con la Fede, visitare Roma e le sue chiese, imparando così tanto su questo tema, è stato incredibile. Inoltre, ho origini italiane da parte di padre. Mio nonno è emigrato negli Stati Uniti a due anni: essere italiani, anche se non lo siamo completamente, è sempre stato un grande orgoglio per la mia famiglia. Quindi, nel cuore, mi sento italiana.»