Scienza

Ferrara lancia l'allerta: è tempo di salvare la chimica italiana

2025-01-26

Autore: Matteo

Il sindacato Filctem Cgil ha riacceso i riflettori sulla crisi della chimica italiana, evidenziando le gravi conseguenze del piano di dismissione di Eni per Versalis. Durante la conferenza di Roma, si è messo in luce come la chiusura dei cracking di Priolo e Brindisi possa compromettere i poli di Ferrara, Ravenna e Mantova, portando a una perdita di circa 20.000 posti di lavoro, inclusi i posti nell’indotto.

"La situazione è insostenibile. Il Governo, insieme alle Regioni e alle istituzioni locali, deve riflettere sul futuro della chimica in Italia. Non possiamo limitarci a soddisfare le aspettative degli azionisti di Eni. È fondamentale considerare il futuro sostenibile e le opportunità economiche per il nostro Paese," ha dichiarato Filctem.

In risposta alla situazione, il sindacato ha annunciato una serie di incontri pubblici che si svolgeranno in Puglia, Sicilia ed Emilia, con un'importante manifestazione prevista a Ferrara l'11 febbraio. Questi eventi mirano a raccogliere esperti e professionisti per avviare un dibattito cruciale, simile a quello della conferenza di Roma del 22 gennaio scorso.

Le scelte di Eni, avallate dal Governo, rischiano di escludere l'Italia dalla principale produzione chimica europea, con un conseguente aumento della dipendenza da importazioni. Secondo Marco Falcinelli, segretario generale di Filctem, "la chiusura dei Cracking metterebbe a rischio non solo i lavoratori diretti ma anche l'intero tessuto economico e sociale di quelle aree, già svantaggiate."

Il rischio è concreto, con storie aziendali come quella di Basell a Brindisi, che ha già affrontato la chiusura di un impianto, portando a una perdita di competenze locali fondamentali. "Le nuove tecnologie come il riciclo chimico e l'innovazione nella produzione sostenibile sono possibili solo se manteniamo attivi i nostri cracking," ha aggiunto un esperto ambientale durante la conferenza.

Il professor Basile ha illustrato come la dismissione possa avere ripercussioni negative non solo socialmente ma anche ambientalmente, essendo il mercato delle olefine destinato a crescere del 5% annuo. "Smettere di produrre significa rinunciare a un settore con enormi possibilità," ha avvertito.

Inoltre, la retorica di Eni sulla riduzione delle emissioni di CO2 è messa in discussione: "I produttori asiatici hanno un’impronta di carbonio molto più alta. Questo piano potrebbe aumentare le emissioni globali anziché ridurle," hanno chiarito i rappresentanti sindacali.

Infine, con l’entrata in vigore del carbon border adjustment mechanism dell'Unione Europea, ogni importazione di materie prime sarà soggetta a costi aggiuntivi legati alle emissioni di carbonio, complicando ulteriormente la posizione competitiva dell'industria chimica italiana. La comunità internazionale e il mercato cambieranno, e l'Italia non può permettersi di rimanere indietro. È ora di agire prima che sia troppo tardi!