Donne violentate e bambini rapiti: i russi hanno minato anche gli alberi in Ucraina!
2025-01-08
Autore: Marco
A parte la strada, ripulita, tutt'intorno si estende un enorme campo minato. Per arrivare a Pavlo Maryanivka, si parte da Mykolaiv e si corre, perché in Ucraina si vive sempre con l’ansia. La jeep è guidata da Ratmir Gavelia, un rispettato militare e cappellano delle forze di difesa dell’Oblast di Mykolaiv. "Questa è la pace di cui parla Putin," ci dice con tristezza, indicando il devastato paesaggio. Le case rimaste in piedi sono pochi luoghi danneggiati, e ciò che si percepisce è una crudeltà inebriante, leggibile negli occhi di chi è rimasto, sperando di essere liberato da questa situazione di orrore.
Le donne e le ragazze sono in prima linea nello sminamento dei campi minati, utilizzando macchinari specifici per neutralizzare le mine. Ciò che sorprende è la presenza di ordigni tra gli alberi, che rende impossibile raccogliere legna per riscaldarsi, specialmente con le temperature che toccano i meno sei gradi. Ci vorranno anni per rimuovere tutte le mine e rendere di nuovo sicuro il territorio.
Parlando di Partyzanske, a pochi chilometri a sud, la scena è simile. Questo è un luogo quasi fantasma, con le espressioni spente di coloro che si sono trovati a dover affrontare la violenza. Le testimonianze delle donne qui sono strazianti: "I soldati russi entravano nelle nostre case e violentavano le donne, come se nulla fosse. Alcune ragazze hanno subito questa violenza ogni sera per mesi".
Il pericolo non è finito: droni e missili continuano a piovare sulle loro teste dalle zone occupate di Cherson. "Qui non ci sono obiettivi militari, ma noi siamo civili," afferma Gavelia, mentre indica detriti di missili abbattuti. La sua frustrazione è palpabile: "Come può Putin essere ancora così popolare in Europa?" chiede. Ricorda come, nei momenti più bui, il mondo abbia accettato figure come Hitler. "Stiamo ancora accettando chi uccide e distrugge. Che tipo di futuro stiamo creando?".
Gavelia con amarezza discute anche della scomparsa di bambini, centinaia portati via dalle loro famiglie. "Questo è un crimine di guerra inaccettabile. Non solo quelli uccisi, ma anche chi è scomparso senza lasciare traccia," spiega. Questo crimine si aggiunge a una lunga lista di atrocità che segnano questa guerra. C’è chi sostiene che persino dopo la fine delle ostilità, non sarà facile avere una conta precisa dei bambini scomparsi.
Procedendo con gli occhi bene aperti, Gavelia ci invita a camminare solo sugli asfalti residui. Ogni passo è un attimo di paura, lui stesso ha assistito al peggioramento della situazione: "Ci vorranno anni per rimuovere tutte queste mine. Qui a Blahodatne è peggio che nei villaggi precedenti, tutto è raso al suolo".
In questo scenario devastato, Gavelia esprime la sua determinazione: "Ho amici russi, ma la guerra non ha mai portato nulla di buono. Fino a quando le nostre case non saranno liberate, noi continueremo a combattere". Il cappellano ribadisce che la lotta per la libertà e contro l'oppressione continuerà senza sosta.
Nei villaggi distrutti, il dolore e la desolazione sono tangibili, un destino che nessuno merita e che ci chiama a riflettere su cosa significhi davvero vivere in un mondo libero.