Finanze

Coworking o Smart Working: Perché il Ritorno in Ufficio È Solo un Mito

2024-11-04

Autore: Matteo

Nonostante l'imposizione di giganti come Amazon per richiamare i dipendenti in ufficio, il lavoro agile, o smart working, continua a mantenere una solida posizione nel panorama lavorativo italiano. Questo persiste nonostante la fine delle misure straordinarie adottate durante la pandemia, creando una necessità di regolamentazione e ottimizzazione di questa flessibilità lavorativa.

Secondo l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il numero di lavoratori in remoto ha leggermente ridotto, attestandosi a 3,55 milioni nel 2024 rispetto ai 3,58 milioni del 2023, con una flessione minima dello 0,8%. Tuttavia, le grandi imprese stanno aumentando l'adozione dello smart working.

Le grandi aziende si confermano il motore del lavoro da remoto in Italia, con 1,91 milioni di smart worker, evidenziando un incremento dell'1,6% rispetto all'anno precedente, avvicinandosi ai massimi raggiunti durante la pandemia. Il 96% delle grandi organizzazioni ha ormai integrato politiche di lavoro agile, favorendo modelli flessibili e sostenibili. Inoltre, il 35% di queste aziende prevede un ulteriore incremento delle risorse umane coinvolte entro il 2025. Un esempio emblematico è Intesa Sanpaolo, che sta ripensando i propri spazi in sede come coworking, un approccio che anche Stellantis sta adottando a Mirafiori, all'interno dell'hub ProOne dedicato ai veicoli commerciali.

Al contrario, le piccole e medie imprese (PMI) mostrano un calo degli smart worker, con un numero sceso a 520.000 rispetto ai 570.000 dell'anno precedente. Le microimprese si attestano su cifre similari, con 625.000 lavoratori nel 2024, lievemente aumentati rispetto ai 620.000 del 2023. Anche la pubblica amministrazione ha registrato una leggera diminuzione, passando da 515.000 a 500.000 dipendenti coinvolti.

Guardando al futuro, le proiezioni per il 2025 sono ottimistiche: si prevede un aumento del 5%, portando il totale a 3,75 milioni di smart worker. La crescita sarà principalmente trainata dalle grandi aziende (il 35% prevede un incremento), seguite dalla pubblica amministrazione (23%) e, marginalmente, dalle PMI, con solo l'8% delle aziende che ipotizza un aumento dei lavoratori da remoto.

Attualmente, gli smart worker italiani lavorano da remoto in media per 9 giorni al mese nelle grandi imprese, 7 nella pubblica amministrazione e 6,6 nelle PMI. Questa modalità di lavoro risulta molto apprezzata dai dipendenti, con il 73% che si opporrebbe a un'eventuale abolizione dello smart working. Di questi, il 27% sarebbe disposto a cambiare lavoro e il 46% cercherebbe di convincere l'azienda a rivedere la propria decisione.

Per bilanciare la perdita della modalità di lavoro da remoto, i dipendenti indicano come prioritarie una maggiore flessibilità oraria e un aumento salariale di almeno il 20%. È fondamentale notare che tra coloro che sono tornati alla presenza fisica totale, solo il 19% lo ha fatto per scelta, preferendo il contatto sociale con i colleghi o non avendo più necessità di lavorare da remoto. Il 23% di loro ha immediatamente dovuto tornare a causa di nuove mansioni non compatibili con il lavoro agile, mentre il 58% ha subito la decisione dell'azienda.

In questo contesto, vale la pena evidenziare che il COVID-19 ha non solo cambiato il modo di lavorare, ma anche il modo di pensare al lavoro stesso. Infatti, nuove modalità di collaborazione come il coworking e il lavoro da remoto continuano a fiorire, portando con sé un'onda di innovazione e adattamento che il mondo del lavoro non ha mai visto prima. Il futuro del lavoro sembra più flessibile e connesso, e i datori di lavoro che ignorano questa tendenza potrebbero rimanere indietro.