
Cobalto-60: la tragedia dimenticata che ha avvelenato una famiglia
2025-09-14
Autore: Giulia
Una scoperta calamitatica negli anni '60
Negli anni Sessanta, in un tranquillo quartiere di Città del Messico, la vita di una famiglia fu distrutta da un nemico invisibile. Una serie di malesseri inspiegabili, tra cui febbri persistenti e nausee, colpì i membri della famiglia senza che i medici riuscissero a dare una spiegazione. Ciò che nessuno sapeva era che la fonte di tutta questa sofferenza era un innocuo cilindro metallico che un ragazzo di dieci anni aveva trovato in un campo, portandolo a casa come un tesoro.
Il misterioso oggetto: cobalto-60
Quella capsula era, in realtà, un dispositivo di cobalto-60, una sorgente radiologica smarrita da un apparecchio di radioterapia. Per un mese intero, dal 21 marzo al 27 aprile 1962, la capsula irradiò l'abitazione, rilasciando raggi gamma che penetravano in tutto: sulle pareti, nei mobili e soprattutto nei corpi della famiglia. Ignari del pericolo, vivevano a pochi passi da una fonte mortale di radiazioni.
Cobalto-60: un'arma a doppio taglio
Il cobalto-60 è un isotopo radioattivo prodotto artificialmente, noto per la sua capacità di emettere raggi gamma ad alta energia. Mentre viene utilizzato per applicazioni mediche vitali, come la sterilizzazione e la radioterapia, la sua manipolazione richiede una scrupolosa attenzione ai protocolli di sicurezza. Le radiazioni ionizzanti, se non controllate, possono causare danni cellulari devastanti, portando a malattie mortali, tra cui i tumori.
La tragica evoluzione dei sintomi
Dopo una forte esposizione, la famiglia iniziò a mostrare segni di sindrome da radiazione acuta (SRA). I primi sintomi, facilmente scambiabili per un'infezione, portarono a un deterioramento rapido della salute. Le conseguenze furono devastanti: la mamma incinta e la nonna persero la vita, seguite dal bambino che aveva portato a casa il cilindro e dalla sua sorellina di due anni. L'unico sopravvissuto fu il padre, che trascorreva meno tempo a casa.
La scoperta della verità
La verità emerse grazie alla disperazione del padre, che portò un campione di sangue del figlio a un laboratorio. Qui, i valori anomali guidarono a una ricostruzione degli eventi, culminando nell'individuazione della capsula di cobalto-60 come causa della tragedia. Questo incidente rimane una lezione fondamentale sulla pericolosità delle 'sorgenti orfane', materiali radioattivi smarriti o abbandonati.
Un monito che si ripete: il caso di Goiânia
Purtroppo, la tragedia non rimase isolata: nel 1987, un altro grave incidente si verificò a Goiânia, in Brasile, dove la scoperta accidentale di una capsula di cesio-137 portò a una contaminazione di massa. Entrambi gli episodi rivelano una vulnerabilità comune: la mancanza di consapevolezza e la cattiva gestione dei materiali radioattivi.
Riflettendo sulla sicurezza radiologica
Questi eventi storici, sebbene accaduti decenni fa, rimangono cruciali per comprendere i rischi associati alla radiazione. Oggi, la preoccupazione pubblica si concentra spesso sulle onde elettromagnetiche di smartphone e antenne, che, a differenza delle radiazioni ionizzanti, non hanno evidenze scientifiche consolidate di rischi per la salute.
Normative più severe per prevenire il disastro
Dopo queste tragedie, le normative internazionali sono state rafforzate. L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica ha introdotto protocolli rigorosi per la tracciabilità e la gestione delle sorgenti radioattive. Ogni dispositivo contenente isotopi pericolosi deve ora seguire un rigoroso sistema di licenze per garantire che non venga smarrito o non finisca nelle mani sbagliate.