Finanze

Aeroporti: I 9 scali senza passeggeri che bruciano milioni di euro di soldi pubblici e cosa fare per salvarli

2024-11-13

Autore: Sofia

Negli ultimi decenni, il dibattito sul futuro degli aeroporti italiani ha preso piede, specialmente riguardo ai piccoli scali, spesso considerati come delle 'isole' inefficaci. Secondo l'economista-filosofo Ernst Friedrich Schumacher, nel 1973, le piccole strutture possono offrire più vantaggi rispetto alle enormi aziende, ma oggi sembra che molti aeroporti minori non riescano a mantenersi senza l'aiuto diretto dello Stato. Questi aeroporti, infatti, continuano a drenare ingenti somme di denaro pubblico, sostenuti più da interessi politici e lobby che da effettive necessità di trasporto per le comunità locali.

La situazione attuale

In Italia ci sono 41 aeroporti commerciali, gestiti da circa 30 società. Un recente report di Aci Europe e Assaeroporti ha rivelato che nel 2023 sono stati registrati 197 milioni di passeggeri, ma il 76% di questi si sono concentrati nei 10 aeroporti principali come Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa. Gli altri aeroporti, in particolare quelli con meno di un milione di passeggeri, stanno affrontando grosse difficoltà economiche. A tal proposito, il report ha tracciato una linea rossa: gli aeroporti piccoli hanno bisogno di almeno un milione di passeggeri per essere sostenibili. Il fallimento di così tanti scali mette in discussione non solo la loro esistenza ma anche l'efficienza dell'intero sistema aeroportuale nazionale.

Futuro dei piccoli aeroporti

Il presidente di Assaeroporti Carlo Borgomeo avverte che i piccoli scali devono unire le forze con i grandi se vogliono sopravvivere. Molti manager di questi aeroporti stanno investendo enormi risorse per mantenerli attivi, ma se non si crea una rete regionale, molti di essi rischiano di chiudere. Ad esempio, Aeroporti di Puglia gestisce sia Bari che Brindisi, ma supporta anche scali più piccoli come quelli di Foggia e Taranto.

I casi problematici

Tra i 18 aeroporti italiani classificati sotto il milione di passeggeri, il professor Ugo Arrigo ha identificato 8 scali a rischio, tra cui Trieste, Pescara, Perugia e Rimini. Questi aeroporti hanno bilanci instabili e, mentre alcuni riescono a rimanere a galla, altri mostrano perdite annuali. La situazione è ancora più critica per scali come Ancona, Forlì e Parma, che necessitano di costanti iniezioni di capitale pubblico. Una possibile soluzione sarebbe quella di sviluppare un piano di rilancio concreto e alleanze strategiche per garantire una gestione sostenibile.

Il caso di Parma

A Parma, l'aeroporto 'Giuseppe Verdi' è un esempio di come la mancanza di visione strategica possa portare a perdite enormi. Solo 134mila passeggeri l'anno e disavanzi enormi hanno portato i dirigenti a cercare aiuto da industriali locali. Nonostante gli sforzi, il comune ha speso oltre 65 milioni di euro per cercare di mantenere attivo lo scalo. Inoltre, l'appoggio del mondo imprenditoriale è cruciale: quando Meinl Bank, principale azionista di Sogeap, è uscito di scena, l'Unione Parmense degli Industriali ha dovuto intervenire per tamponare le perdite. Ma questa iniezione di liquidi ha un prezzo: la Gazzetta di Parma ha subito conseguenze negative, costretta a chiedere aiuti statali per la sua sostenibilità.

Verso un nuovo rilancio

Negli ultimi anni, l'aeroporto ha cercato di reinventarsi come scalo cargo, mentre i suoi vertici, come Guido Dalla Rosa Prati, affermano che l'obbiettivo primario è l'incremento del traffico passeggeri. È previsto un investimento di 20,8 milioni di euro per ampliare la pista e creare un hub logistico. Tuttavia, il successo di questo piano dipende da una mobilitazione davvero efficiente delle risorse e dalla capacità di attrarre passeggeri in un mercato sempre più competitivo.

La sfida delle alleanze

Ad oggi, sono solo due le compagnie aeree che operano a Parma, e per essere competitivi si deve strappare una parte significativa del traffico da aeroporti vicini, come Bologna, che gestisce 10 milioni di passeggeri. Gli esperti sostengono che senza collaborazioni e strategie chiare, questi scali rischiano di rimanere in bilico, drenando risorse pubbliche senza offrire alcun ritorno. C’è davvero un margine per il cambiamento, o questi aeroporti stanno semplicemente affondando nella tempesta economica?