Medici di famiglia, addio vecchie pratiche: ecco le novità delle Case di comunità
2025-01-07
Autore: Maria
In un’importante rivoluzione del sistema sanitario italiano, i nuovi medici di famiglia saranno assunti direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e non più come liberi professionisti. Questo cambiamento avverrà grazie all’apertura di oltre 1400 Case di comunità in tutta Italia, prevista entro la metà del prossimo anno, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). I giovani dottori che si specializzeranno in cure primarie potranno così lavorare in un contesto più organizzato e collaborativo.
Questi nuovi professionisti della salute non solo lavoreranno nelle Case di comunità, ma anche negli ospedali di comunità e nelle Centrali operative territoriali (COT). L’obiettivo è quello di rendere le cure più accessibili ai cittadini, riducendo la pressione sugli ospedali e sui servizi di pronto soccorso. Attualmente, si stima che ci siano poco più di 37.000 medici di famiglia, i quali, pur avendo la possibilità di scegliere di restare come "convenzionati", dovranno comunque dedicare un numero minimo di ore settimanali al servizio del distretto sanitario.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci e un gruppo di Regioni, tra cui Friuli, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, stanno lavorando a una riforma significativa del sistema sanitario. Questa riforma mira a ristrutturare la professione medica affinché rifletta le necessità attuali. La bozza della riforma è già in fase di valutazione tecnica e potrebbe portare a modifiche sostanziali della legge 502 del 1992, aggiornando il percorso di accesso alla medicina generale e la formazione specialistica.
Uno dei punti cruciali della riforma è la dipendenza per i nuovi medici di famiglia. Per quelli già in servizio che vorranno mantenere i propri ambulatori, sarà possibile optare per una modalità che preveda un impegno in base al numero di assistiti, garantendo tuttavia un minimo di ore dedicate alle attività nel distretto.
Tuttavia, c’è preoccupazione per il futuro delle Case di comunità: se non supportate adeguatamente, rischiano di diventare "cattedrali nel deserto". Attualmente, solo 413 delle 1420 Case previste sono attive, e molte di esse soffrono della mancanza di personale, con alcuni presidi completamente privi di medici. Questo rende necessaria una pianificazione attenta ed efficiente per garantire la presenza di personale medico qualificato in queste nuove strutture e assicurare un servizio sanitario all’altezza delle aspettative dei cittadini.