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Medici di base in crisi: il governo italiano rivoluziona il settore sanitario! Scopri cosa cambia

2025-01-14

Autore: Alessandra

La professione dei medici di base è in subbuglio a causa della proposta di riforma che prevede la loro trasformazione da liberi professionisti a dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Questa manovra porta con sé stravolgimenti significativi non solo dal punto di vista professionale, ma anche previdenziale, con potenziali conseguenze economiche per l'Enpam, l'ente previdenziale dei medici e odontoiatri. I cambiamenti, ifattivamente, potrebbero avere un grave impatto sulle finanze pubbliche.

Il governo italiano ha nel mirino la creazione di circa 1.400 case di comunità, finanziate da 7 miliardi provenienti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), per offrire assistenza sanitaria più accessibile e vicina alla popolazione. Tuttavia, i medici di base avvertono che tale riforma potrebbe compromettere il legame di fiducia con i pazienti, rendendo le interazioni fra medici e pazienti più impersonali e simili a quelle di un contesto ospedaliero.

In un periodo storico contrassegnato dall'invecchiamento della popolazione e da un incremento dei pazienti non autosufficienti (oltre 5 milioni), il rischio è maggiore. Non trascuriamo il fatto che il cambiamento potrebbe aggravare la situazione economica dell'Enpam, che vedrebbe diminuire progressivamente il suo numero di iscritti e potrebbe dover fondersi con l'Inps, richiedendo ulteriori aiuti statali per mantenere la propria attività.

SONO IN ARRIVO NOVITÀ?

Al momento, non è stata ancora diffusa la bozza definitiva della riforma, ma le indiscrezioni suggeriscono un chiaro intento del Ministero della Salute di assumere i futuri medici di base e i pediatri come dipendenti del SSN, superando l’attuale struttura di liberi professionisti. Attualmente, in Italia ci sono circa 37.000 dottori di famiglia, e i nuovi ingressi come dipendenti pubblici comporterebbero un cambiamento radicale delle loro modalità operative, con un’imposizione di un numero minimo di ore di lavoro settimanali nelle strutture pubbliche.

IL PIANO GOVERNATIVO

Il governo italiano si sta muovendo nella direzione di destinare 7 miliardi per migliorare l'assistenza sanitaria a livello locale, includendo strutture intermedie e l'uso avanzato della telemedicina. La crisi dei medici negli ospedali, soprattutto in un contesto in cui si parla di un deficit di circa 15.000 camici bianchi, solleva interrogativi sulla fattibilità di questa riforma, specialmente di fronte alle crescenti difficoltà dei medici di base.

I rappresentanti della categoria esprimono vive preoccupazioni, timorosi che la qualità del servizio al paziente peggiori, poiché il vincolo con le strutture attuali è ben più forte rispetto a quello che potrebbe svilupparsi nelle nuove case di comunità. Si stima infatti che, se la riforma avrà corso, saranno necessari almeno 3.000 medici in più, mentre già dal 2030 si prevede la fuoriuscita di circa 28.000 professionisti dal sistema, ai quali si aggiungono quelli che potrebbero decidere di lasciare il lavoro per passare a contratti da “gettonisti” presso le cooperative mediche.

I sindacati avvertono che non è necessario rivoluzionare il contratto di lavoro per garantire il personale necessario alle case di comunità; al contrario, sarebbe sufficiente riorganizzare le attuali ore lavorative. L'accordo nazionale recentemente siglato prevede già un impegno globale di 20 milioni di ore di servizio da parte dei medici di base, con possibilità di svolgere parte del lavoro in queste nuove strutture intermedie.

Insomma, la riforma dei medici di base rischia di stravolgere un settore già in sofferenza. Ci sarà una soluzione che soddisfi tanto i camici bianchi quanto i pazienti? Le prossime settimane ci diranno di più!