Intrattenimento

Marco Travaglio smonta M – Il figlio del secolo: «Non ritrae Mussolini ma la sua caricatura»

2025-01-14

Autore: Alessandra

Il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, esprime oggi un giudizio particolarmente critico nei confronti della serie di Sky M – Il figlio del secolo. Nonostante riconosca che dal punto di vista tecnico la serie è «impeccabile» per ciò che concerne il cast, le interpretazioni e la regia, rimarca un difetto cruciale: non si tratta di una rappresentazione autentica di Benito Mussolini, ma di una sua esagerata macchietta. La serie crea l'immagine di un fascismo caricaturale e banale, piuttosto che di una figura storica complessa e tragica.

Travaglio sottolinea che, benché si possa comprendere che si tratti di una fiction di intrattenimento ispirata al romanzo di Antonio Scurati, sarebbe stato opportuno chiarire che si tratta di una narrazione di fantasia. Propone sarcasticamente la possibilità di dare nomi alternati al protagonista, come Bonito Napoloni sul modello del Grande dittatore di Chaplin, o rinominare i personaggi con riferimenti ai più discutibili stereotipi del fascismo.

Un pericolo, secondo Travaglio, è che il pubblico possa erroneamente concludere che i collaboratori di Mussolini fossero realmente dei «marionette», delle figure da burattino o da teatro dell’assurdo. Questo, invece, allontana gli spettatori dalla storia reale, richiamando invece l’importanza di approfondire le opere di storici come Renzo De Felice ed Emilio Gentile, piuttosto che affidarsi a fiction semplificate.

Benito Mussolini, come osserva Travaglio, era ben lontano dall’essere un personaggio superficiale: si distingueva per una serietà che raramente viene riconosciuta. Non si preoccupava di apparire gioviale e spensierato, ma era una figura tragica intricata alle sue ambizioni politiche, che meritano di essere analizzate con rigore.

Riflettendo sul concetto di “fascisti su Marte”, Travaglio evidenzia che i veri minacciatori della democrazia contemporanea non sono affatto rappresentati dai fascisti di un secolo fa, ma piuttosto dalle grandi aziende tecnologiche e dai monopolisti dell’informazione che cercano di controllare il pensiero pubblico. Questi ultimi creano forme di censura più sottili ma non meno efficaci nella loro incapacità di garantire un dibattito democratico aperto. La similitudine tra Mussolini e i moderni politici e governi tecnici è inquietante: anche se non indossano camicie nere, contribuiscono a una forma di oligarchia democratica, preoccupata più dell’economia dei mercati che della volontà popolare.