
La Verità Scomoda: Quando un Medico Deve Mentire per Speranza
2025-04-01
Autore: Giulia
di Angelo Bianco
Può un uomo di scienza mentire di fronte alla verità della scienza? Mi piaceva chiamarlo semplicemente "prof", ma lui, con affetto, mi definiva "medico bello". Era così che mi accoglieva quando andavo a trovarlo a casa, in particolare nei momenti in cui si sentiva particolarmente ansioso riguardo alle sue analisi o ai controlli, sempre ripetendomi: "Cosa ne pensi, sto vincendo la mia gara?" Devo ammettere che la sua domanda mi ha sempre messo in difficoltà. Non sono mai riuscito a dirgli la verità: non c'era una vera gara da vincere. La sua interrogativo ricorrente, però, era sempre: "Sto facendo la cosa giusta?"
La nostra conoscenza risale a un periodo in cui la sua vita sembrava venire giù. Era in viaggio verso un meritato relax nella mia Calabria, nella splendida Cirò, dove il mare si fonde con il cielo.
Durante questo viaggio, ha iniziato a lamentarsi di un dolore acuto all'addome, pensava fosse solo un disturbo passeggero, ma il dolore si intensificava con la distanza. Nonostante tutto, ha deciso di continuare, prendendo un Aulin per alleviare il tormento.
Arrivato sul posto, però, il dolore era diventato insopportabile e la sua mente, colma di speranza, decide di fermarsi al primo pronto soccorso. Un’ecografia rivela una macchia sul pancreas e il medico consiglia di eseguire una TAC per approfondire. Nonostante tutto, lui sente un momento di sollievo e decide di tornare a casa per sottoporsi immediatamente agli esami.
La terribile diagnosi di tumore, purtroppo, non è operabile e il futuro sembra buio. Tuttavia, lui è un papà e ripete: "Dottore bello, ho ancora tanto da fare, voglio combattere!" Io, per sostenere il suo morale, gli dico che la chemioterapia può fare miracoli. Giocando con le sue speranze, non sono sicuro se stavo mentendo veramente, o se fossi semplicemente un rifugio di speranza.
La chemioterapia inizia, il tumore sembra regredire, e per un attimo, si riaccende la speranza di un intervento che potrebbe salvargli la vita. Ma la malattia aveva già permeato il suo corpo, come una corrente sotterranea, invisibile ma presente. Come avrei potuto dirgli la verità? Tornando a casa fra le sue paure e le sue speranze, continuava a chiedermi: "Medico bello, ce l'ho fatta?". Fingevo di credere che tutto si sarebbe risolto ed eludevo di menzionare le probabilità disastrose che gravavano sulla sua condizione.
Ma mi ricordo dei suoi sforzi, anche della sua passione per la tecnologia. Aveva creato un file Excel per registrare ogni respiro, ogni battito di cuore, ogni piccola variazione nei suoi parametri vitali. Niente era lasciato al caso, ogni dettaglio doveva essere sotto controllo.
Con il tempo, tuttavia, gli esami tornano a peggiorare, e una nuova TAC rivela una macchia sul fegato. La sua domanda: "Cosa significa, dottore bello?" È una richiesta che taglia. Non so più che scuse inventare per rassicurarlo senza infrangere la sua fragilità: "Sono solo esami, l’importante è che tu ti senta bene". Ma a me tracimava il cuore vedere quanta vita desiderava ancora vivere. Nonostante il suo stato, doveva affrontare un'altra brutta notizia: la sua invalidità proclamata, un colpo al suo fervore di docente che lo allontanava da ciò che amava di più, i suoi alunni.
Recentemente, una sua amica, presente fin dal primo giorno della sua malattia, mi ha contattato per riferire dell'ultima visita oncologica e mi ha inoltrato un'email con una domanda angosciante: "Mi hanno detto che è questione di giorni, tu cosa ne pensi?" Leggo le parole sul referto: "cure palliative, terapia del dolore, forte calo ponderale, inappetenza, astenia, carcinosi peritoneale". È difficile accettare che la speranza possa vacillare di fronte a tali verità. Eppure, ci sono storie di eccezionale resistenza e voglia di vivere, così come ci sono racconti di tenacia medica nella lotta contro l'impossibile. Così, in mezzo a tanta tristezza, ci si aggrappa comunque alla bellezza della vita.