La Crisi Infinita di Benetton: Perché Il Futuro Del Marchio È a Rischio?
2025-01-19
Autore: Giovanni
Recentemente, nella vetrina di un emblematico negozio Benetton nel centro di Como, è apparso un straziante cartello: «Grazie a tutti i nostri clienti per averci supportato e regalato parole, sorrisi e abbracci». Questa chiusura non è un evento isolato, bensì parte di un fenomeno più ampio che ha interessato decine di punti vendita Benetton in tutta Italia, da nord a sud.
Nel corso dell'ultimo anno, più di 100 negozi del celebre marchio italiano di abbigliamento, noto per i suoi colorati capi di fast fashion, sono stati chiusi. L'obiettivo dell'azienda è chiudere complessivamente oltre 400 negozi entro la fine del 2025, con circa 200 di questi solo in Italia, parte di un piano industriale drastico reso noto all'inizio di gennaio dal Corriere. Questa manovra si è resa necessaria a causa della profonda crisi industriale che ha colpito il gruppo, culminata con l’uscita della famiglia Benetton dalla gestione della società.
Fondata su un modello di fast fashion, Benetton ha dovuto affrontare la crescente concorrenza di nuovi colossi come H&M e Zara, che si sono imposti sul mercato. Le vendite del marchio sono diminuite drasticamente dal 2012, passando da 2 miliardi di euro a poco più di un miliardo nel 2023, mentre l'azienda ha registrato una perdita di 230 milioni di euro.
Il CEO Carlo Sforza, al comando dall’ultimo giugno, ha dichiarato di voler ridurre le perdite a 50 milioni entro il 2025, mirando al pareggio nel 2026. Le difficoltà del gruppo non sono solo un problema interno, ma sono riflesso di una crisi generalizzata nel settore dell'abbigliamento, profondamente influenzato da cambiamenti culturali e un contesto economico sfavorevole.
L'azienda gestisce direttamente gran parte della produzione, ma questo modello si è rivelato poco efficiente e costoso. Mentre i concorrenti esternalizzano gran parte della produzione e si concentrano sulla vendita, Benetton mantiene un controllo pressoché totale sulla filiera, un approccio che oggi ha bisogno di essere rivalutato. Sforza sta considerando un cambio strategico per ottimizzare i costi e velocizzare la produzione, anche per potenziare le vendite online, che attualmente contribuiscono solo per il 12% al fatturato totale.
La rete di negozi in franchising ha accumulato debiti significativi verso Benetton, ammontanti a 160 milioni di euro. A novembre, Sforza ha già imposto il recupero immediato di questi crediti e la chiusura dei negozi inadempienti. Nonostante ciò, solo alcuni punti vendita con un buon potenziale commerciale sono stati riassorbiti dall'azienda, come avvenuto a Bologna.
Il piano di chiusura dei negozi ha inevitabili ripercussioni sociali, con migliaia di posti di lavoro a rischio. Le negoziazioni con i sindacati sono in corso per gestire la situazione lavorativa di circa 6.000 dipendenti a livello globale, di cui oltre 1.300 in Italia. Le trattative rimangono complesse, specialmente per i lavoratori dei negozi in franchising, spesso legati a piccole imprese che faticano a far fronte ai propri impegni.
Luciano Benetton, in un'intervista, ha attribuito parte della crisi alla direzione precedente dell'azienda, lamentando una mancanza di trasparenza nella comunicazione dei problemi economici. Da giugno, l'azienda è guidata da manager esterni, il che segna un cambiamento significativo nella sua governance, storicamente caratterizzata da una forte impronta familiare. I Benetton rimangono proprietari attraverso la holding Edizione, che gestisce una miriade di business, con l’abbigliamento che rappresenta solo una piccola frazione delle attività.
La crisi di Benetton non è solo una questione di perdita di vendite, ma un campanello d'allarme per l'intero settore della moda, che deve adattarsi a un mercato in rapida evoluzione e a consumatori in cerca di qualità e responsabilità sociale. Cosa accadrà ora a uno dei marchi più iconici d'Italia? La risposta potrebbe sorprendere.