Nazionale

«Io, malato, ho paura che lo Stato mi uccida. Perché dico no al suicidio assistito»

2025-03-26

Autore: Maria

Lorenzo Moscon, un uomo affetto da triplegia spastica dalla nascita, ha preso una posizione decisiva contro il suicidio assistito, sollevando questioni etiche cruciali in un contesto giuridico complesso. Attualmente coinvolto in una causa davanti alla Corte Costituzionale, Moscon è uno dei quattro malati gravi che ha richiesto di essere ammesso al dibattito legale riguardante l'articolo 580 del Codice penale, che disciplina la punibilità di chi facilita un suicidio assistito.

Moscon vive nelle vicinanze di Milano e ha dichiarato che, durante il processo, verranno ascoltate anche voci diverse, oltre a quella di Marco Cappato, noto attivista del diritto al suicidio assistito. Durante un'intervista, Moscon ha descritto la sua preoccupazione che la depenalizzazione del suicidio assistito possa portare a decisioni fatte da giudici o medici in modo unilaterale, esercitando un 'ius vitae necisque', un potere che nessuno ha il diritto di detenere su un'altra persona.

La sua testimonianza è critica, poiché evidenzia il rischio che la società possa considerare il suicidio assistito come una soluzione facile per le sofferenze indesiderate. "Alcuni pazienti potrebbero trovarsi in una condizione in cui sono incapaci di esprimere la loro volontà e, seppur non lo si voglia, essere vittime di decisioni altrui. Ciò che chiediamo è che il diritto a ricevere trattamenti di sostegno vitale rimanga un requisito fondamentale per chi cerca di avvalersi del suicidio assistito", ha affermato Moscon.

Secondo alcuni studi recenti, in diversi paesi dove il suicidio assistito è stato legalizzato, si sono registrati casi di pazienti che, anche in stati non responsivi, non avrebbero mai voluto scegliere quella via. Questo solleva interrogativi inquietanti sul ruolo della cultura e della mentalità collettiva nella percezione della vita e della morte. Moscon e altri sostenitori di una posizione contraria al suicidio assistito richiedono quindi non solo una riconsiderazione delle leggi in materia, ma un vero e proprio dibattito etico e culturale su quale sia il valore della vita umana e su come essa debba essere protetta, anche dagli eccessi delle normative.