
Il piano di Parigi per escludere l'Italia dal mercato delle armi: un rischio per la sicurezza nazionale?
2025-03-26
Autore: Luca
Nel 2012, di fronte alla crisi finanziaria che colpì l'Unione Europea, l'allora presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, rassicurò i mercati con una promessa risoluta: «Siamo pronti a fare tutto il necessario per preservare l'euro». Quella frase bastò a placare i timori di destabilizzazione. Oggi, quattordici anni dopo, l'Europa affronta una sfida ancora più grande: diventare rapidamente un attore geopolitico serio con capacità di deterrenza militare in un contesto internazionale sempre più teso.
L’amministrazione americana sembra aver adottato una strategia di 'Governo dell’economia', ponendo a priori gli interessi strategici sopra quelli economici di breve periodo. Questo cambiamento potrebbe portare a una ristrutturazione dell’ordine globale che nel dopoguerra ha garantito la stabilità politica ed economica. Inoltre, c'è una crescente incertezza riguardo al ruolo della Germania e della Francia nel nuovo assetto europeo della difesa.
Recentemente, il Parlamento tedesco ha votato nuove misure per il debito, esentando la spesa per la Difesa dai limiti di bilancio, ma l'entusiasmo non è uniformemente condiviso in tutta l'UE. La Francia, ad esempio, ha davanti a sé delle scelte difficili, dovendo affrontare i deficit gemelli senza la flessibilità delle norme europee. Questo potrebbe significare una maggior dipendenza dall'ombrello nucleare e far gravare le spese sulla comunità europea.
L'Italia, pur riconoscendo l'importanza di investire nella Difesa per garantire la propria sicurezza, teme di essere emarginata nei consessi internazionali, in particolare in un contesto dove i mercati potrebbero reagire negativamente a un eccessivo indebitamento. Recentemente, i tassi dei titoli di stato europei hanno registrato un forte incremento, segno di preoccupazioni nei mercati riguardo alla sostenibilità del debito.
Inoltre, il piano di Parigi sembra essere eccessivamente focalizzato sul potenziamento delle capacità militari francesi, rischiando di escludere l'Italia e altri Paesi minori. Senza un'inclusione attiva dell'industria della Difesa italiana, si potrebbe perdere una significativa opportunità di sviluppo economico. L’Italia ha, infatti, un settore della Difesa in grado di produrre sistemi innovativi, ma potrebbe essere soppiantata da una strategia che penalizza i piccoli produttori.
Appare cruciale per l'Italia trovare un modo per coinvolgere il settore privato nella difesa, alfa non è un compito semplice. La dipendenza da forniture esterne, in particolare dagli Stati Uniti, rappresenta anch’essa un problema significativo. Il programma F-35, che detiene un ruolo centrale nelle relazioni europee-statunitensi, non ha alternative valide in Europa, e questo riduce la capacità dei Paesi europei di prendere decisioni autonome.
In questo contesto di crescente dipendenza dall'importazione di armi e tecnologia bellica, l'Italia deve ritrovare il suo ruolo di leader nella sicurezza e nella difesa europea. L'acquisto comune di forniture militari non si tradurrà necessariamente in risparmi, ma potrebbe portare a un aumento dei costi, come già accaduto in altre aree, ad esempio nel gas. Proporsi come un attore forte e indipendente nell'ambito della Difesa diviene allora una priorità non solo per la sicurezza nazionale, ma anche per la stabilità economica del Paese.
In conclusione, la mancanza di una strategia chiara e condivisa sull'industria della Difesa in Europa potrebbe portare a conseguenze critiche per l'Italia. Il rischio di emarginazione è alto, e il tempo per agire è adesso.