Il medico legale Carlo Maria Oddo: "20 anni dallo tsunami nell'Oceano Indiano, immagini da incubo"
2024-12-24
Autore: Sofia
"Scene apocalittiche, montagne di cadaveri e un silenzio assordante. Il 26 dicembre 2004, il terremoto di magnitudo 9,1, uno dei più violenti della storia, scatenò uno tsunami devastante nell'Oceano Indiano. Carlo Maria Oddo, medico legale dell'Arma dei Carabinieri e attualmente generale di Brigata, si trovò in prima linea a Phuket, una delle località più colpite, per identificare i corpi delle vittime italiane.
Quella tragica mattina di Santo Stefano, Oddo e il suo team furono accolti da un panorama desolante: giungle di macerie e fango che ricoprivano le strade, ed un litorale ridotto a un campo di battaglia. "Entrando in città, l'unico segno di vita erano i cartelloni con le foto delle vittime appese ovunque", ricorda Oddo, sottolineando l’impatto emotivo di una scena che sembrava uscita da un film horror.
Racconta come il governo thailandese avesse avviato una corsa contro il tempo per identificare i corpi, scattando foto e assegnando numeri ai cadaveri prima che diventassero irriconoscibili. Le vittime stimate dello tsunami superavano le 300.000, un numero che evidenziava la portata del disastro. Il pensiero di dover affrontare una tragedia di tale grandezza era insopportabile: "Era essenziale per le famiglie avere la possibilità di salutare i propri cari per l'ultima volta. Senza questo rito, la morte diventava ancor più angosciante." Questo stesso tormento era condiviso da molte famiglie in un periodo festivo che si era trasformato in un incubo collettivo.
Per facilitare l’identificazione, i familiari delle vittime venivano invitati a portare oggetti personali, come spazzolini da denti e pettini, per un confronto del DNA. Un’impresa delicata e complessa, aggravata dalle difficoltà logistiche e dal rischio di epidemie. Oddo ricorda che mentre il tempo stringeva, le emozioni rischiavano di essere soffocate dalla necessità di agire rapidamente. "Non avevo esperienza nell'odontoiatria forense, ma ho imparato molto dagli esperti israeliani con cui collaboravamo. Ogni cadavere era un pezzo di vita perso, e ogni oggetto ritrovato rappresentava un ricordo".
“Viste le circostanze, talvolta ci siamo trovati a gestire situazioni strazianti, come una contesa tra famiglie che rivendicavano lo stesso corpo, segno del dolore universale che questo disastro ha generato". Oddo ricorda con angoscia la visione di volti sfigurati e denti digrignati che raccontavano storie di terrore e disperazione.
In un viaggio che si è protratto ben oltre le attese iniziali, Oddo e il suo team hanno completato oltre 600 identificazioni e hanno restituito l'identità a 52 vittime italiane. "Ogni giorno sembrava un’eternità, eppure il nostro desiderio di onorare la memoria di queste persone ci ha spinto avanti", spiega.
La sua esperienza lo ha profondamente segnato, portandolo a riflettere sulla sacralità dell'autopsia, vista come un velo che separa vita e morte. "L’esperienza dello tsunami ci ha cambiati per sempre. Alla fine, cosa resta di così crudele? L'amore per la vita e la necessità di ricordare chi non c'è più". La memoria di quella giornata rimane viva, non solo per le vite spezzate, ma anche per l'incredibile resilienza e solidarietà che ha seguito la tragedia. Come un monito affinché non vengano mai dimenticate, queste storie devono continuare a vivere nel cuore delle persone."