"Il futuro della scuola italiana è in pericolo: i docenti devono scegliere tra reddito e dignità"
2025-01-21
Autore: Giulia
I docenti e i ricercatori in Italia vivono una situazione drammatica: sono tra i più malpagati e precari d'Europa. Secondo l'ultimo rapporto del sindacato Flc Cgil, presentato a Roma, la precarietà e i bassi stipendi continuano a caratterizzare questo settore, che rappresenta la spina dorsale del sistema educativo. L'incontro, chiamato "Il futuro comincia ogni mattina alle 8", ha messo in luce le problematiche che colpiscono un esercito di precari e ricercatori, fondamentali per il funzionamento delle scuole e delle università italiane.
In Italia, lo Stato è infatti spesso considerato il peggior datore di lavoro. Negli ultimi anni, il governo Meloni ha battuto record allarmanti: quasi 250.000 contratti a tempo determinato sono stati registrati per l'anno scolastico 2023/2024, con un quarto dei lavoratori della scuola che oggi si trova in una condizione di precarietà. Questo significa che più di 185.000 docenti sono in situazioni instabili, con pochissimi diritti e tutele.
Sul fronte universitario, i dati sono altrettanto sconfortanti. Il numero dei ricercatori precari è aumentato del 60% dal 2019, raggiungendo quota 29.830 nel 2024. Un contesto reso ancor più difficile dai tagli al Fondo per il finanziamento ordinario delle università, che ha minacciato la qualità dell'istruzione e della ricerca in Italia.
Ma le criticità riguardano anche la formazione del personale. Tutti i docenti sono stati costretti a partecipare a corsi promossi da università, spesso private, per ottenere crediti formativi. Questo peso economico ricade sui lavoratori, ai quali viene chiesto di pagare fino a 2.000 euro per accedere a queste opportunità, rendendo sempre più difficile il loro percorso professionale.
Le conseguenze di questo sistema sono evidenti. Molti giovani laureati lasciano l'Italia in cerca di migliori opportunità all'estero, un fenomeno che ricorda le migrazioni degli anni '50. Secondo i dati, la perdita di potere d'acquisto per il personale docente è significativa, con oltre 400 euro di guadagni necessari per mantenere il passo con l'inflazione, un problema che non accenna a migliorare.
Mentre il costo della vita continua a salire, l'istruzione e la ricerca continuano a essere visti come settori in cui risparmiare invece che investire. Un docente di scuola media con 15 anni di esperienza guadagna ben 5.000 euro in meno rispetto a un collega francese e oltre 40.000 euro in meno rispetto a un insegnante tedesco. Di conseguenza, gli stipendi che prima coprivano affitti e spese ora non bastano più nemmeno per acquistare un'utilitaria: mentre nel 2010 bastavano poco più di cinque stipendi per comprare una Fiat Panda, oggi ne servono quasi nove.
La prospettiva futura è desolante. L'Italia sembra aver perso la sua spinta verso l'innovazione, con un trend di investimento in istruzione e ricerca in costante diminuzione. Se non si agisce presto, rischiamo di vedere un'intera generazione di talenti allontanarsi, trascinando con sé la possibilità di risollevare il nostro Paese da crisi demografiche, sociali e industriali che continuano ad affliggerlo. È il momento di riflettere su questo futuro e di agire in difesa di una scuola pubblica di qualità, accessibile e giusta per tutti.