Nazionale

Fine vita, il Gip di Firenze: 'Imputazione coatta per Marco Cappato'

2025-03-24

Autore: Alessandra

Il Gip di Firenze, Agnese di Girolamo, ha deciso di non archiviare il caso che riguarda Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, accusati di aver assistito Massimiliano, un uomo di 44 anni affetto da sclerosi multipla, nella sua scelta di recarsi in Svizzera per praticare il suicidio assistito. La decisione ha suscitato reazioni accese nel dibattito pubblico sul fine vita in Italia.

Il gip ha ordinato l’imputazione coatta nei confronti degli indagati, richiedendo al pubblico ministero di formulare le accuse entro 10 giorni. Se riconosciuti colpevoli, gli accusati potrebbero affrontare pene che vanno da un minimo di cinque a un massimo di dodici anni di carcere, una questione che riapre il delicato dibattito etico e legale sull’eutanasia e il suicidio assistito nel nostro paese.

L'ordinanza del gip ha anche evidenziato che, sebbene la Corte costituzionale abbia recentemente ampliato le interpretazioni riguardanti i trattamenti di sostegno vitale, il caso di Massimiliano non rientra nella definizione che giustificherebbe un intervento medico a sostegno della vita. La giustizia italiana si trova così a un bivio cruciale: da un lato, la necessità di tutelare la dignità umana e il diritto di scelta, dall'altro, il rischio di intaccare principi fondamentali del nostro ordinamento.

La questione del suicidio assistito, attenzione alla quale è sempre più crescente, ha mobilitato associazioni pro-eutanasia e diversi gruppi di attivisti che chiedono una legislazione più permissiva in materia. Nonostante il mondo si stia muovendo verso una maggiore apertura su questi temi, in Italia permane un clima di forte divisione, con opinioni divergenti tra sostenitori e oppositori della legalizzazione del fine vita.