Enrico Ruggeri: "La musica è dominata dall'hype, ma il vero talento è in quel 2% invisibile"
2025-01-18
Autore: Alessandra
La musica italiana vive un momento di grande fermento, eppure Enrico Ruggeri, che si avvicina ai 70 anni con un carico di 50 anni di carriera, guarda al futuro con l'entusiasmo di un giovane. È recentemente uscito il suo nuovo album "La caverna di Platone", un'opera che rappresenta non solo un importante tassello della sua discografia, ma anche un profondo messaggio critico verso l'industria musicale moderna.
Il titolo dell'album allude a Platone e al suo famoso mito, suggerendo una riflessione sulla cultura contemporanea. Ruggeri lo descrive come un'ode al libero pensiero e una critica all'approccio superficiale della musica usa e getta. "La musica sembra avere molto spazio in televisione, ma alla fine i soliti nomi continuano a dominare. Ci sono molti artisti che meritano visibilità ma che vengono ignorati", spiega l'artista.
L'album, frutto di un lungo processo creativo iniziato tre anni fa, è stato realizzato con la collaborazione di diversi musicisti, alcuni dei quali non fanno più parte della sua band. Ruggeri sottolinea: "Lavorare in studio è stato un vero laboratorio, dove ogni pezzo ha preso forma attraverso continue prove e rifacimenti".
Tra i brani spicca "La bambina di Gorla", dedicato a una tragica pagina di storia italiana, la strage avvenuta a Milano nel 1944. "Ho conosciuto questa storia fin da piccolo, e la sua risonanza emotiva è rimasta con me per tutta la vita", racconta Ruggeri, riflettendo sull’impatto duraturo della guerra e sul suo effetto sulle persone innocenti.
Ruggeri nota come la guerra moderna sia sempre più presente nelle città, colpendo le generazioni più giovani. "Oggi in luoghi come Gaza, il 60% della popolazione ha meno di 14 anni. E vedere i conflitti urbanizzati è devastante", aggiunge.
Sulla scena musicale italiana, Ruggeri esprime preoccupazione riguardo al predominio di artisti che sembrano scrivere solo per fama o denaro. "C'è una parte dell'industria musicale che ha il 98% dello spazio, mentre i veri artisti, quelli che scrivono per necessità comunicativa, lottano per ottenere visibilità. Tuttavia, il meglio sta nel 2% invisibile, e sono loro che meritano il riconoscimento", afferma con veemenza.
Ruggeri confronta il panorama attuale con quello del passato, notando una diminuzione della professionalità nel produrre musica commerciale. "Le canzoni di oggi, anche se semplici, mancano di una certa attenzione e cura, che invece erano presenti nelle produzioni degli anni '60 e '70".
Nonostante il suo lungo e ricco passato, Ruggeri non si lascia abbagliare dal successo, anzi, si sente a disagio nel festeggiare anniversari. "Ogni tanto mi ricordo che alcuni dei miei album hanno decenni di vita, ma non so mai come celebrare", ammette.
Infine, Ruggeri riflette sull'equilibrio tra autocritica e autostima, un elemento cruciale per qualsiasi artista. "Scrivere canzoni implica un processo selettivo: a volte si deve buttare via l'80% del lavoro, perché nel nostro mestiere, la perfezione è l'obbiettivo finale, e il tempo per crearla è sempre meno". In questo mondo di musica e hype, la sua voce rimane un faro di autenticità e passione.