Finanze

Dazi cinesi: la tempesta perfetta colpisce Wall Street mentre il rischio recessione si fa concreto

2025-03-12

Autore: Matteo

L'ottimismo suscitato dalla cosiddetta "rivoluzione Maga" sembra essersi affievolito, cedendo il passo a un clima di crescente sfiducia nei mercati finanziari e a timori di una recessione imminente, un'eventualità che persino Donald Trump ha dovuto riconoscere. Wall Street ha chiuso la sua giornata con uno dei ribassi più drammatici degli ultimi due anni: il Dow Jones ha perso il 2,08%, mentre l'S&P 500 ha registrato un calo del 2,69% e il Nasdaq addirittura del 4%. Non solo gli Stati Uniti, ma quasi tutte le principali borse del mondo hanno seguito l'andamento negativo: il Ftse Mib ha perso lo 0,95%, Londra ha chiuso a -0,92%, la Germania a -1,8% e la Francia a -0,9%.

Il crollo dei mercati può essere attribuito a diversi fattori, in primis l'entrata in vigore dei dazi cinesi, i quali, imposti al 15% su una vasta gamma di prodotti agricoli americani, penalizzano pesantemente il settore agricolo statunitense, che rappresenta una fetta significativa dell'economia. Ricerche recenti indicano che il 20% della produzione agricola americana viene esportata in Cina, un mercato cruciale per il pollo, il grano e il mais, i quali stanno ora subendo un duro colpo. In un contesto di alta tensione commerciale, Justin D. Dyer, economista presso la University of Missouri, ha sottolineato: "Le guerre commerciali tendono a danneggiare entrambi i lati, ma alla fine chi ne soffre di più è sempre il consumatore finale".

Il messaggio di Pechino è chiaro: la Cina è pronta a resistere, rivendicando che le conseguenze più pesanti ricadranno su Washington. Durante un briefing, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha avvertito che "sia le guerre tariffarie che quelle commerciali infliggono danni reciproci, ma alla fine chi ci rimette di più è l'economia statunitense".

Inoltre, le ultime analisi di Goldman Sachs evidenziano un abbassamento delle previsioni di crescita per gli Stati Uniti, che ora si attestano all'1,7% nel breve periodo, a fronte di una precedente aspettativa del 2,4%. Questi cambiamenti riflettono i crescenti timori legati all’impatto delle tariffe, piuttosto che a dati economici recenti positivi, come quelli sotto l'amministrazione Biden che evidenziavano un tasso di disoccupazione ai minimi storici.

In parallelo, le reazioni a Wall Street non si sono fatte attendere e i titoli delle grandi aziende tecnologiche hanno registrato perdite significative. Tesla ha subito un calo del 15%, mentre Alphabet, Meta e Nvidia hanno visto scendere i loro valori del 5%. La Casa Bianca ha minimizzato la gravità della situazione, sostenendo che esiste una netta influenza tra il mondo borsistico e quello delle operazioni commerciali quotidiane.

Infine, ci si interroga sulla possibile paralisi dell'amministrazione federale, con i repubblicani che cercano di trovare una soluzione per evitare uno shutdown imminente. Martedì ci sarà un voto cruciale sulla proposta di estensione dei fondi, ma le trattative sono complesse e potrebbero non approdare a nulla di concreto in tempo utile.

Con un contesto così instabile a livello mondiale, l’atteggiamento di Trump, che continua a gonfiare le vele della politica tariffaria, non fa che intensificare le preoccupazioni economiche. La domanda cruciale rimane: riusciranno gli Stati Uniti a trovare un equilibrio per evitare che i loro mercati affondino ulteriormente?